BESTIE E DONNE


Ecco cosa scrisse il critico Mario Lepore sui dipinti di quel periodo: "...La via che egli percorre è classica. Naturalmente esiste classicità e classicità: la sua scelta è andata congenialmente per quella che ha origine da alcune fonti fiamminghe. Non lo nasconde, d'altra parte, ogni anno egli si reca nel Nord, in Fiandra, a visitare i suoi santi, a cercare di capire meglio come facevano ad essere così minuti ed acuti, così incisivi e definitivi, così ordinati e gemmei, così virtuosistici senza farlo parere, così sapienti epperò fantastici e poetici. ...Una tecnica pittorica, puntualissima, disposta ad ogni agilità e insieme ferma, della quale Alessandri è riuscito ad essere padrone. D' altronde quel che egli voleva esprimereglielo imponevano i sogni, ed i sogni sono la cosa più difficile da narrare.

Il suo è un mondo che chiede, per essere comunicato, per acquistare carattere e fascino, che la pittura ne renda verosimile l'inverosimiglianza, che la classicità dei mezzi espressivi ne sottolinei fortemente il contenuto che viceversa è anticlassico, fabulistico, incongruo, immaginario. Il regno vegetale, quello animale e quello minerale, sono messi a contributo dalla fantasia di Alessandri, ma probabilmente da qualche sconosciuto antenato alchimista, egli ha avuto il dono di cavare quello che Molière chiamava "mon bien" dai più strani e "magici" e complessi frammenti dei tre regni della natura. Difatti, a volte ti dà la sensazione che abbia nell'occhio un microscopio e che altre volte nelle meningi possegga un deposito notevole di mostruosi ricordi antidiluviani, di immagini stregonesche medioevali, un repertorio di anatomie dellaportiane. Certi suoi quadri mi fanno pensare a quelle ricette che poi facevano andare al rogo i maghi: "Prendi un rospo al settimo giorno della luna calante, brucialo sul fuoco ardente e mischia le ceneri con polvere d'unghia di leone africano, fai infusione di radice di mandragola e ...". Ma ceneri, polveri, radici, squame, creste, elitre, unghie, corni, antenne, scorze, pietre, scheggie, zanne, rosicchiature, quando capitano sotto il suo pennello perdono ogni parvenza di detrito, si compongono in forme bizzarre e autonome, si vestono con i sette colori dell'arcobaleno.

Le negromanzie pittoriche di Alessandri sono di corallo, di giada, di lapislazzuli, di onice, di madreperla, di turchese. Lui non è magro e tagliente... ma egualmente silfi e salamandre gli sono familiari; e draghi tutti tarlati, e insetti che... diventano grossi come elefanti e pezzi di lingua di gatto, di corteccia di sughero, di pietra pomice trasformati in grotteschi individui che magari portano incastrati occhi minacciosi in un simulacro di volto o stingono con contorte membra da acaro una bella e imperturbabile donna nuda.

Alessandri, questo pittore inverosimile, ghigna, si diverte, o emblematico, o ironico: insomma dà fuoco a tutte le sue girandole: uno spettacolo. E uno spettacolo con una esperta estrosa regia, con un testo misterioso e suggestivo, con attori tra i più bizzarri che ci siano. e d'un effetto che si rinnova ad ogni quadro. Si, lo so, avrei dovuto parlare della sua capacità di disegnatore e di compositore, del suo calibratissimo chiaroscuro, della sua nitidezza di luce, della sua preziosità e limpidezza di colore: insomma di tante altre cose ancora, ma non gliele hanno già dette in tanti?".
(di Mario Lepore tratto dal catalogo "Mutamenti").

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