MANGIAR MAGIA

In questo post segue un interessante articolo scritto dal Sig. Emilio Gargioni della Galleria Subalpina Davico di Torino.


Una domenica di inizio febbraio: tanto sole, un'aria cristallina, un viottolo di campagna, una salita, alcune curve e siamo in casa di Lorenzo Alessandri, pittore.
Una barbetta e i baffi color sale e pepe, un profilo appuntito - potrebbe essere una maschera del Callot - un'arguzia decisamente piemontese, una maturità pittorica pienamente conquistata, una vita campagnarda, ma con l'occhio e la mente alle lontanissime montagne del Tibet, dove il tempo si è magicamente fermato e dove riti e santoni celebrano quotidianamente i suoni e i profumi di un'ancestrale magia addolcita dai colori e dalle figure locali.
Lorenzo Alessandri è nato a Torino sotto il segno dei pesci, ai quali dice di non credere perchè si sente figlio di un segno diverso, di distruzione.... Vorrebbe essere di un altro segno, forse, ma se lo vorrebbe inventare, perchè non crede nell'astrologia e, in ogni caso, non è disposto ad accettare un segno già prestabilito. Il suo segno è la Luna con due frecce: questo desiderio di luna, che è poesia, che è donna, che è la notte, in continua identificazione: una falce di luna sono le labbra di una donna, le curve dei seni, le curve delle natiche.
La notte è fresca, intima, riposante, misteriosa e dentro di essa può accadere qualunque cosa. Sia vera che finta.
Ad Alessandri di notte, accade di cercare la Luna. Ricorda che da piccolo quando abitava a Torino in via XX Settembre, una casa sopra la libreria Treves, vedeva dalla finestra una fontana fatta di tanti puttini con tanti zampilli; il suo desiderio era quello di essere affacciato per poter scorgere la luna riflessa dentro quella fontana. Ma perchè la Luna? "Perchè la Luna piena è la poesia, la poesia che lambisce l'uomo; e poi la Luna è anche la sfera. La sfera per noi pittori, è l'unico oggetto che non si puo vedere in prospettiva, è quindi la forma per eccellenza.
L'uomo che è incarnato in un corpo non può possedere interamente la poesia e l'uomo è sempre dilaniato dagli opposti". Quegli opposti che appaiono evidenti nel suo marchio, dove si trova la lotta, la luce e l'ombra, il passato e il futuro, il bene e il male, il pene (la freccia che va in salita) e la vagina (la freccia che va in discesa).
Alessandri vorrebbe rinascere senza corpo, per gustare la poesia, per vivere completamente la sfera e per sentire la pittura in un altro modo. Quel marchio lui l'ha inventato a dieci anni, quando andava a scuola al S.Giuseppe e se l'era tatuato su un polso. Una filastrocca con una sequenza logica/illogica che parte dalla luna e finisce alla pittura, me la ripete: LUNA/DISCO/SFERA/LUCE/FORMA/POESIA/OCCHI/SENI/CORPO/FEMMINA/IMMATERIALE/IRRAZIONALE/SFUGGENTE/DOLCEZZA/AMORE/PITTURA.
Alessandri è anche l'ideatore del SURFANTA, una corrente artistica messa insieme da un gruppo di torinesi che si sono trovati nel 1957, per esprimersi in arte con surreale fantasia.
SURFANTA uguale SURREALISMO FANTASTICO oppure SUBCONSCIO/FANTASIA ma anche Suprema, Universale, Regale, Fantastica, Arte Nostra, Torinesi, Augusti....
Molto prima, nella Torino bombardata dalla guerra, aveva creato un giornale, "La Candela", pensato e realizzato nella soffitta macabra. Luogo di ritrovo, in Via Aurelio Saffi, di amici per lo più scappati da casa, partigiani, gente non totalmente giusta. In una grande mansarda, due locali dove ritrovarsi, discutere, mettere insieme un giornale: una grande finestra dava su uno splendido giardino, che in primavera, prima che fiorissero le magnolie, buttava fuori una fioritura di reggiseni oppure mutandine, ma tutte bianche.
Era stata ribattezzata la soffitta dei falliti: c'erano degli ex-professori, degli ex-giornalisti, degli ex-pittori, degli ex-normali. Il giornale de La Candela è uscito in forma clandestina per una quindicina di numeri, senza testata.
Quanti ricordi di questo gruppo, che tentava con quella rivista di farsi conoscere. Si lavorava in mezzo ai teschi, gatti secchi, topi mummificati: c'era la guerra; persino la modella che serviva per i pittori, era chiamata La Befana, perche sembrava un uomo. Veniva pagata a caffelatte e trance di salame: lei beveva il caffelatte e poi pettava come una locomotiva!.... Ricordi, tanti. Lo studio aperto con ABACUc, in via Dei Mercanti, la nascita dell'idea Surfanta, la raccolta accanto a sè di pittori con lo stesso "pallino". Una leadership naturale gli era stata affidata; sua moglie era direttore responsabile del periodico Surfanta (Primo numero: Gennaio-Marzo 1964). Naturale conseguenza la prima mostra Surfanta, alla Bottegaccia di Giaveno, nel 1965, con l'armata Brancaleone, composta da Abacuc, Camerini, Colombotto Rosso, Macciotta, Molinari, Pontecorvo e naturalmente Lorenzo Alessandri. L'uscita quasi immediata di Pontecorvo perchè aveva in mente di fare un movimento di massa, tipo il futurismo, in netto contrasto con le idee di Alessandri, che voleva un movimento decisamente selezionato. File di pittori che desideravano entrare, ma pochi scelti ed inseriti nel gruppo: fra questi, Remè, dalla lontana Olanda e Margonari dalle nebbie di Mantova. Un pienone, alla Bottegaccia, per quella prima mostra. Tante donne e un mucchio di gente infreddolita. Tutta Torino curiosa, a vedere questo Surfanta. Ben 4.000 inviti erano stati spediti. Quaranta le opere esposte. Tutto venduto. Due episodi da ricordare: un contadino con la capra che, dopo aver guardato la mostra, ha poppato il latte che ha offerto a Molinari. Il celebre Marianini, che uscito al buio, per esigenze fisiologiche, ha pisciato addosso a una coppia che si era appartata per altrettante esigenze fisiologiche.
Questo è il periodo irriverente, di Lorenzo Alessandri, dove da buon trascinatore, portava i suoi amici pittori in Olanda, ad Amsterdam, nel quartiere rosso, quello delle puttane, dove c'è la birra, che dà sogni e delirio. Surfanta si è poi spento negli anni, quando i pittori sono diventati più professionali; oggi sono rimasti con la bandiera Surfanta solo lui, Alessandri, Abacuc e il fido Camerini.
I suoi occhi mentre ricorda tornano indietro a quegli anni sessanta e per ciascuno un aggettivo che li connoti come i nani di Biancaneve: Camerini il più candido, Macciotta il più poetico, Abacuc il più religioso, Pontecorvo il più ricamatore, Molinari il più vulcanico, Colombotto Rosso il più necrofilo, Alessandri il più diabolico.
Diabolico anche nei molti articoli che la stampa non specializzata gli ha dedicato in questi anni, descrivendolo come un cultore di magia nera, come un mangiatore di "bambine", come un sacerdote di messe nere, come un uomo con poteri extra-terreni, ma, al diavolo il diavolo... Lorenzo Alessandri se ne frega del diavolo, è fondamentalmente un "ironico istrione" che lascia, serenamente, che la gente inventi tutto quello che vuole su di lui, purchè lo si lasci cibare di magia, ma solo di quella che viene lentamente e soavemente dai monti del Tibet.
Ma perchè questo struggente, drogato amore per il Tibet? Risaliamo addirittura agli anni '42-'43; Alessandri viveva sfollato nel Canavesano in mezzo al freddo, al gelo, ai mitragliamenti, alle bombe, alle schegge da mortaio. Trova per caso una rivista, "Humana", e si concentra profondamente su un bellissimo articolo che parla del Tibet. Leggerlo e sentirsi a casa sua, fu tutta una cosa. A 17 anni comprava libri di filosofia orientale, ma il suo sogno, quello vero, quello di andare fisicamente nel Tibet lo realizza soltanto nel 1961, nel periodo della grande carestia, al termine della prima guerra India-Pakistan. Un primo viaggio, lungo, che ricorda sempre con immenso piacere, concentrato sul Nord e dintorni. Un obbiettivo "visionario": voleva vedere i Lama vivi e veri e voleva respirare la loro arte (un Pantheon gigantesco, centinaia di divinità, forme scultoree assurdamente stravaganti). Dopo di ciò, un momento di riflessione e di crisi, combattuto fra la spiritualità del Lamaismo tibetano e la pittura fantastica che gli aveva riempito la vita fino a quel momento. Il contrasto era netto perchè, per Alessandri, per essere un pittore fantastico bisogna assorbire ovunque sensazioni come una spugna, ridonandole agli altri e rendendoli partecipi di questi sogni rappresentati. Dall'altra parte, invece, il buddismo tibetano rinnega tutto quanto è illusorio, superando tutto ciò che è immagine. Per i veri buddisti l'unica realtà è la vita della mente: tutto il resto ciò che passa attraverso i cinque sensi è illusione perchè provvisorio, transeunte.
Non soltanto quindi un periodo di grossi contrasti da analizzare e sanare, ma addirittura un periodo di frastornamento, con rimbalzi continui da momenti di travolgente pittura a momenti di addormentato misticismo.
Di fronte alla domanda di come sia poi riuscito a conciliare i due segni contrapposti, sempre caratteristici della sua vita, Alessandri me lo spiega così: "In questa vita farò il pittore finchè crepo: nella prossima farò il buddista, e per non sentir troppo la nostalgia di questo misticismo, ne studio da decenni tutte le divinità e raccolgo i piccoli bronzi del Pantheon tibetano". Ma se dovesse ricordare la cosa più misteriosa vissuta in Tibet, gli viene in mente la figura di certi mistici che vengono "spinti" a chiudersi in una grotta (ben inteso murati vivi), per meditare, senza uscire mai più.
Ma Alessandri sarebbe disposto? Assolutamente no perchè non è ancora maturo.
Secondo lui, questi signori lo possono fare perchè ne provano gioia, "hanno aperto uno sportellino e al di là hanno visto qualcosa di assolutamente meraviglioso, essenziale".
Ma cosa sono questi bonzi? Come vivono, cosa fanno per gli altri? Direi tantissimo, dal momento che si buttano nel fuoco per gli ideali altrui, regalano il proprio corpo per la salvezza dello spirito degli altri.
Ma il pittore Alessandri, oltre a cibarsi di magia, che cosa mangiava in Tibet? Quando andava bene, riso e burro rancido (tsampa) con del tè. Ma allora, l'uomo Alessandri come faceva a sopravvivere in Tibet? Probabilmente pregando, isolandosi, riflettendo sui mali del mondo, come un alpino in missione con scarsissimi mezzi di sussistenza, tipo carne appesa al sole che sa un po di scarpa, o qualche uovo vecchio di tre mesi con l'mmancabile pugnetto di riso.
(fine prima parte).


Opera dal titolo: PRIMO RITRATTO ESOTERICO DI EMILIO GARGIONI DIPINTO DALL AMICO ALESSANDRI

Nessun commento: