STORIE DI CITTA'

Da TORINOSETTE del 26-05-2000

La settimana scorsa e' morto Lorenzo Alessandri, pittore, e la notizia della sua morte mi e' arrivata prima che fosse resa pubblica, compiendo un percorso strano e contorto che non voglio raccontare. Ho avuto la sensazione che mi chiedesse qualcosa, un ultimo gesto di amicizia. Dieci anni or sono, nell'estate del 1990, aveva voluto farmi il ritratto, invitandomi con una cortese lettera nella quale scriveva che m'incontrava spesso lungo le bancarelle dei libri di corso Siccardi ma che non aveva osato avvicinarmi. Attirato dalla sua fama sulfurea ho subito aderito all'invito e sono andato piu' volte nella sua casa di Giaveno per posare, come si usa dire. Mi sentivo tanto Napoleone davanti a David. In occasione dell'ultima visita, quando non si trattava piu' di posare ma di ritirare il quadro che Alessandri aveva voluto donarmi, mi sono presentato con un registratore e gli ho chiesto di raccontarmi la sua vita. Ho riascoltato il nastro; la prima parte consiste in una lunga e accorata difesa dall'accusa che lo perseguitava di essere un demonista, addirittura il vescovo della chiesa di Satana. «I vescovi vanno in Mercedes, io con il mio Maggiolino scassato, potrei al massimo essere un parroco di campagna». I quadri di Alessandri riproducono ambienti reali riprodotti con meticolosa, maniacale precisione, nei quali irrompono creature fantastiche, diavoli soprattutto, poi mostri, streghe, donne nude, dipinti con altrettanta attenzione ai particolari. Alla mia obiezione che tutti quei diavoli dipinti come se li avesse davanti agli occhi potevano ingenerare qualche sospetto, lui mi rispose: «E' come se la gente si mettesse in mente che Agatha Christie e' un'assassina solo perche' i suoi romanzi sono pieni di assassini». La voce di Alessandri risuona gonfia di indignazione: «Certi giornali hanno scritto che questa casa di Giaveno e' un castello e che i giavenesi nelle notti di luna piena hanno paura di uscire di casa come se io fossi un licantropo. Una coppia di giovani custodi che stavo assumendo si sono messi paura e per tranquillizzarli ho dovuto mandarli dal mio parroco a chiedere informazioni». Nello stesso momento in cui allontanava con sdegno da se' l'accusa di commerci con Satana, Lorenzo Alessandri rivendicava il suo interesse per il mondo dell'occulto, per tutto quello che e' al di la' del reale: «Mi interessa molto piu' il mondo dei morti che il mondo dei vivi». Passione coltivata fin da giovanissimo, in parallelo a quella per il disegno e la pittura, campi nei quali si era mosso da autodidatta. Nato nel 1927, figlio del titolare di una avviata tipografia, Lorenzo aveva dovuto studiare da ragioniere, senza avere alcuna predisposizione per i numeri. Dopo aver lavorato per 19 anni nell'azienda di famiglia, alla morte del padre e d'intesa con i fratelli, si era ritirato per dedicarsi completamente alle sue due passioni, la pittura e il mondo dell'occulto. Dal suo lungo racconto scelgo alcuni episodi significativi. Siamo nell'autunno del 1944, Lorenzo nel febbraio successivo compira' 18 anni; per evitargli l'arruolamento forzato il padre riesce a farlo ammettere nell'Ordine di Malta che a Torino, nell'ospedale che si trova fra piazza Carlina e via Giolitti, di fronte alla caserma Pogdora, cura i feriti senza guardare alla divisa che indossano. Un giorno della primavera '45 portano un tedesco mitragliato da un aereo che sta morendo; non ci sono brande disponibili e Lorenzo cede la sua. Il soldato porta appeso al collo un sacchetto di pelle e una suora che lo assiste glielo toglie, incurante delle sue proteste, per sostituirlo con un crocifisso. Andata via la suora, Lorenzo accontenta il moribondo rimettendogli al collo il sacchetto e lui, con le ultime forze che gli restano, gli fa dono dalla sua cassetta di una busta di pergamena legata con un cordino nero. Anni dopo, raggiunta la necessaria maturazione, Lorenzo usera' le istruzioni contenute nella busta per imparare che «la magia e' uno stato di grazia che non ha niente a che vedere con lo spettacolo. Bisogna scavare, cercare e trovare dentro se stessi. Il mago e' come il guardiano che ha le chiavi della stanza del tesoro, puo' aiutare gli altri ma non se stesso». Gli ho domandato se queste pratiche magiche l'avevano talvolta aiutato nel suo lavoro di pittore. «Dipingevo nudi di donna a grandezza naturale e non riuscivo a risolvere il problema di come fare a dare una passata di colore sul corpo nello stesso giorno per evitare che si vedessero giunte. Mi sono ricordato che Caravaggio aveva risolto questo problema e l'ho evocato. Quella stessa notte ho sognato Caravaggio che aveva la faccia di Amedeo Nazzari perche' da bambino avevo visto un film, «Il Caravaggio», dove Nazzari interpretava Caravaggio. Ci trovavamo in uno studio strano, pieno di cose appese, stracci, corde, catene, scale, lanterne. Gli ho esposto il mio problema e lui: «Che pennelli adoperi?», mi chiede. Glielo dico e lui, parlando in piemontese mi dice: «Campa via tuti 'sti penei d'martura ca servu a niente! Devi usare pennelli di setola di porco cinese, lunghi e duri». Il sogno finisce, io seguo le sue istruzioni e risolvo il mio problema».
(articolo di GAMBAROTTA BRUNO).
Opera dal titolo: LA NOTTE DELL'ARCOBALENO 82.59 (Primo bozzetto per la copertina del libro).

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