PRESAGIO


Opera dal titolo: PRESAGIO (1976).

Alessandri concepisce la realtà in maniera unitaria, indivisibile, convincendosi che non è possibile dipingere il significato delle cose senza dipingere le cose stesse poichè tra l'oggetto e il suo significato non c'è contraddizione ma unità. La differenziazione dei piani dei quali muove "l'attore" non propone capitoli slegati d'una "favola" ma compone le differenziate allegorie (non simbologie) d'un racconto, tutt'altro che cerebrale, direi verista (unaverità filtrata dai tempi d'una memoria ricorrente, puntualissima) non ostante il verificarsi di queste verità venga affidato a quelle figure in primo piano. Ci fa simpatia la bellezza d'una linea femminile a volte negra; ricorrente la dolcezza infantile d'una adolescente preposta nello spazio moralistico d'un ambiente, sdoppiata a volte in immagine allusiva e differenziata. Alessandri, forte d'un processo analitico che si manifesta in sè con un ordine immediato, è conscio d'una violenza ironica insita nel suo carattere e se ne fa padrone; teatro di immagini ironiche, carnascialesco, tragedie passive dell'umano. Il ricorso al mito lo pone dinnanzi ad alcune alternative: conciliare il mito con la realtà (e i legami sono affidati alle morali, alle mode, ai costumi dell'intransigenza politica) riproporre il mito, non più affidando l'operazione ai sogni dell'evasività (rinuncia del presente) nè alle immanenti nostalgie del fantasmagorico novellare dell'infanzia ma, conservazione, recupero, rinnovo;ricordando che nel verbo "rinnovarsi" ricorre indissolubilmente quello del "conservare". Allora la "favola" si accende di colori e i colori si istituiscono linguaggio, ed il linguaggio ironizza, canta con mesto tono gli errori dei tempi, gli amori del tempo. Comunque le alternative in Alessandri, non si pongono in rivalità invitandolo ad una scelta, ma come verifica per cui il loro impiego (che però dà adito apparentemente e falsamente ad una contrarietà) motivano, privi di stimoli celebrativi una condizione pittorica nuovache non è atteggiamento ma comportamento di ricerca. Infatti quei piani che si differenziano, rappresentati nel ridotto di una tela,sono gli infiniti capitoli mistici e realistici che si amalgamano nel concetto generale dell'operain una visione in "crisi", lungi dall'essere fatale, della attualità. Ed è per questo che l'opera assolve la funzione quasi mistica del rito, quasi un manifestarsi dottrinale portato avanti a volte in silenzi, in punta di piedi, più spesso in violenti strilli di silenzio (come troppo silenzio. Anche il silenzio ha suono quando è oppressione).
(di Michele Greco).

Nessun commento: