LE CAMERE

Le camere sono una fiaba autobiografica grottesca, senza trama con molti personaggi che 'inquilinano' trentatrè ambienti dai mobili e oggetti 'disarredanti'. Entrando nell'Hotel Surfanta, ci si accorge di non salire presso ambienti spaziosi e luminosi ma di discendere in un tunnel buio, pieno di insidie, soffocante e angosciante, quasi un carcere infernale, che solo a tratti concede respiro. L'anima è oppressa, non ci sono finestre, non c'è scampo, non si può fuggire anche se le porte sono aperte. Un'atmosfera misteriosa e inquietante ghermisce e paralizza, come accade nella Camera N.31 dove i muri non accolgono, chiudono. Meravigliose e impreziosite dal riverbero di luci di candele, le pietre si affollano una sull'altra, spettatrici silenti e impotenti. Sul pavimento un corpo nudo di donna accucciata, povera cosa straziata nell'atto di proteggersi il capo, giace ormai morta. Intorno palpitano trentatrè candele nere e una bianca, nella loro luminescenza colorano di verde acqua il pavimento cosparso di trentatrè pietre. A lapidazione avvenuta, cacciato dal sortilegio, chiuso nell'angolo, "Lui", indifeso e impaurito, scongiura. Nella sua semplicità costruttiva, è uno dei personaggi più interessanti delle figure di Alessandri, nella sua forma curva è l'ambiguità del male che, ranicchiato su se stesso, non può che chiamare altro male, senza speranza. Forse è l'essere demoniaco o forse simboleggia, quasi inconsciamente, la paura, il senso di impotenza di fronte all'abisso della vita, la solitudine davanti alla morte.

Opera dal titolo: CAMERA N31 (olio su compensato cm 40x80, 1995).
Lui a sinistra, accucciato/Selima Muhammad, lapidata/33 candele nere e una candela bianca/33 pietre da lapidazione.
Parla lui "il Corano giustamente specifica che le pietre per la lapidazione non devono essere troppo piccole perchè non fanno abbastanza male e non devono essere troppo grandi perchè possono uccidere subito".
(questo scritto è del Maestro Lorenzo Alessandri).
Il pessimismo, che si avverte in questi ultimi lavori di Alessandri, è sconsolante: il suo viaggio, dopo aver esplorato agghiaccianti verità di sogni aberranti, termina con un'amara supplica, un urlo inquieto ma liberatorio. Le "camere" sono quindi testamento spirituale, documentano le follie di chi ha sempre sentito l'esigenza di rappresentare i fantasmi della propria mente, le visioni dei propri incubi, e si disseta con l'immaginazione creatrice, fonte di conoscenza. L'idea, la coerenza dello stile, accompagnate da una tecnica sapiente e precisa, la composizione sempre elaborata, i colori vibranti sanno creare immagini insolite, originali tanto da provocare smarrimento in chi l'abitudine conduce a ritrovarsi in sentimenti nati da figure stereotipate. Alessandri dipinge con coraggio ciò che spesso si fugge, scene interiori che la coscienza nasconde a se medesima, situazioni irreali ma verosimili. E' nostalgico di un secolo ormai passato, carico di vizi e difetti, gli stessi che da sempre colpiscono l'uomo e lo rendono tale. Scienza, tecnica e progresso non sono riusciti a risolvere gli enigmi esistenziali, semmai ne generano altri. L'umanità, pur nel terzo millennio, è la stessa: continua a illudersi, ricercando altrove ciò che è già dentro di sè.
(di Concetta Leto per il catalogo Eclissi).
Disegno: MICY (Micynotte 1996).

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